Lorenzo Mortara (2008) – Retrospettiva
Mentre la Grande Madre dei tibetani – Ma gcig – illuminava le menti e i cuori con le sue parole e suoi canti La radice di tutti i demoni è la propria mente, Parisi sa farsi interprete degli enigmi e dei misteri che ribollono nel sottosuolo dell’uomo contemporaneo e dargli una forma, una sostanza. I colori lucenti dei suoi acrilici, smalti e oli sembrano scuotere l’osservatore nel suo intimo capovolgendo tutte le sue certezze acquisite nel tempo con la logica e il raziocinio. Per seguirlo bisogna abbandonare il sentiero di tutti i giorni per intraprendere un viaggio interiore alla ricerca dei propri miti, di storie sognate, di mondi irreali, racchiusi nel profondo dell’io.
Appena una crosta è la solidità: la verità è il fuoco sottostante… scriveva Herman Melville nella sua Apparizione (1886) e questa frase potrebbe bene rappresentare la Weltanschauung dell’artista se osserviamo tutte le sue opere che sono portatrici di segni primordiali, idee potenziali, forme immemori, essenze che vengono dal profondo, dal mondo onirico, dall’inconoscibile. Eppure è destino dell’artista intraprendere procedimenti niente affatto semplici e lineari, che richiedono apprendimento, saggezza e volontà, e così fa Parisi.
Nel suo creare, miscelare, trasfigurare continuo C’è un perché piccolissimo, oppure grandissimo, giovane o vecchio come il mondo (da “Certissimo”, Giuseppe Mortara, 2006), perché La vita di ogni artista e di ogni uomo è come quella dei popoli un incessante sforzo per ridurre a chiarezza i suoi miti (da “Del mito, del simbolo e d’altro” in “Feria d’agosto”, Cesare Pavese, 1949).
Le cromìe ora intense ora soffuse che osserviamo sono come messaggeri dell’istante creativo presente in ogni sua opera come Incanti fuori dal tempo. Tempeste di colori che vibrano e che vivono nell’amalgama della tela in forme primordiali: Demoni-miti, Dee-creature nel divenire quasi fluido della rivelazione esistenziale. Il tratto plastico delle forme femminili riecheggia anfratti marini e melodie sensuali, ma sempre trasfigurati e ricchi di segni e altri significati. Ed è qui che bisogna cogliere pienamente, a mio parere, il linguaggio di Parisi, ovvero in questo fine lavoro di introspezione, in questi continui mutamenti trasformazioni annullamenti che la Dea o il Demone può andare incontro. Le sue creature non sono esseri di altri mondi, di altre galassie, bensì potenziali io, nuove fantasie, forme dell’immaginazione che alberghiamo nella nostra mente, semi di ricordi, speranze e ansie, anche in stato latente, che aspettano solo un piccolo evento per venire alla luce.
Lo specchio con ombre e sfumature che Parisi con le sue opere sembra porci di fronte non ci rimanda un viso di eterna bellezza e giovinezza, come quello che Dorian Gray incessantemente osservava nel dipinto capolavoro-demoniaco del suo amico, in tutta la sua vanità e malvagità, nel romanzo di Oscar Wilde, ma presenze di mondi paralleli del qui e ora, dell’oggi e dei domani possibili. Queste forme sono coscienti del proprio divenire e sono come addomesticate solo con il rifiuto che l’artista pone a se stesso in tutta la sua dialettica e poetica di non cedere a facili modelli che il mondo moderno ci preconfeziona con i suoi dogmi e preconcetti, atti solo all’azzeramento della propria coscienza e del proprio arbitrio. Con ironia, coraggio e lealtà Parisi ci illumina con domande essenziali; queste poggiano sul nocciolo dell’esistenza umana, dei suoi miti, dei suoi sogni, in una continua tensione fra essere e apparire, quasi a ricordarci che il risveglio è possibile solo se lo vogliamo e lo sentiamo dal più profondo di noi stessi. Infatti osservare i suoi dipinti non è un abbandonarsi alla sensazione pura, all’immaginazione astratta, ma una partecipazione intensa alla ricerca dell’essenza –Musa ispiratrice– che sprona pittori poeti e creativi.