“Pappa boys” – L’orrore della guerra in un gioco di parole
L’ARTISTA GENOVESE PAOLO LORENZO PARISI ALLA GALLERIA ARTWINDOW DI BARCELLONA DAL 3 al 22 MAGGIO CON UN’INSTALLAZIONE DAL FORTE SIGNIFICATO UMANITARIO
Una montagna di orsetti di pelouche, sedici, per la precisione. Un’immagine che susciterebbe tenerezza, se non fosse che i pelouche protagonisti dell’installazione di Paolo Lorenzo Parisi “Pappa boys” non sono innocenti come tutti gli altri orsetti di tutti gli altri bambini del mondo. Quegli orsetti, di vario colore e varia grandezza, distesi su una coperta rossa e con il ventre squarciato e ricucito con filo di sutura e al posto di una soffice imbottitura guanti chirurgici di lattice (vero e proprio oggetto di culto del lavoro concettuale dell’artista), simboleggiano i bambini vittime di ogni guerra. L’installazione, di sicuro una delle più forti ed espressive dell’artista genovese, verrà esposta in una mostra personale alla galleria ArtWindow di Barcellona dal 3 al 22 maggio prossimi curata dalla visual-artist genovese Federica Barcellona.
“Pappa boys” nasce nel 2004 ed è già stata ospitata alla Galleria Passo blu (Genova, 2004), al Flash art show (Milano, 2005) e alla Galleria Il Cancello (Genova, 2007).
Il titolo dell’installazione è parte integrante e importante dell’opera ed è arte esso stesso. Come in altre opere dell’artista, esso si fonda su un gioco di parole che produce un contrasto: «”Pappa boys” – spiega Paolo Lorenzo Parisi – è giocato sul doppio senso della parola “pappa”, sia come verbo (pappare, inghiottire) sia come nome proprio (la pappa dei bambini) mentre boys, naturalmente, fa riferimento ai bambini, ai ragazzi: ad ispirarmi alcune fotografie e video di guerra che ho deciso di rielaborare artisticamente per riflettere e far riflettere con l’ironia».
Un’immagine del telegiornale: Medioriente, da una casa distrutta esce un uomo con un bambino in braccio. Dentro la casa resta un orsetto di pelouche. Paolo Lorenzo Parisi prende un primo “Teddy” (collezione privata, 2004) lo sventra, lo svuota e lo riempie di guanti in lattice in memoria di quel bambino, realizzando un’opera che disegna il meccanismo assurdo della guerra: causare un problema per cercare una soluzione che porterà inevitabilmente il sacrificio di vite umane. La guerra continua creando dolore e ferite che il chirurgo è chiamato a ricucire; l’artista, proprio come un chirurgo, “opera” su un orso di peluche per ogni bambino che continua a morire: la montagna sarebbe molto, molto più alta, ma Parisi si è fermato simbolicamente a sedici.
«Ogni orsetto – conclude Parisi – porta attaccato un cartoncino con un nome proprio (Igor, Wassily, Andrew, Linda, Alì…) tradizionale dei continenti teatro di guerra e violenze negli ultimi anni: il messaggio dell’opera è universale, non solo legato al Medio Oriente».
Per ulteriori informazioni e per intervistare Paolo Lorenzo Parisi:
- Ufficio stampa
- dott.ssa Alessandra De Gregorio
- 339-8906436
- www.alessandratralerighe.it
- Titolo dell’installazione: “Pappa boys”
- Galleria: ArtWindow, c/Balmes 52, Barcelona
- Curatrice: Federica Barcellona
- Apertura: dal 3 al 22 maggio 2012
Paolo Lorenzo Parisi – Biografia (www.paololorenzoparisi.com)
Nato a Genova nel 1956, vive e lavora a Genova. Da sempre interessato alla pittura e, in particolare, ai maestri del ‘900, negli anni ’90 è particolarmente apprezzato e stimato dal critico d’arte Giuseppe Mortara, dalla scrittrice Milena Milani, che lo presenta in varie mostre collettive e personali in Italia e all’estero, e dalla gallerista Rosa Leonardi, esperta d’arte contemporanea.
La sua necessità d’espressione non si manifesta solo con la pittura ma anche nel campo dell’arte concettuale: così collabora con la Galleria Passo Blu di Federica Barcellona esponendo le sue installazioni in diverse manifestazioni a Genova, Milano, Barcellona. Successivamente collabora con le gallerie genovesi Artrè Gallery di Bruna Solinas, Il Cancello e, negli ultimi anni si è intensificato il rapporto con la Studio44 e con Immagine e colore con varie collettive e personali. Le sue due ultime mostre personali sono state “Ho rivisto Elvis” e “Doppiasclero”, di carattere concettuale, entrambe accompagnate da un testo critico di Lorenzo Mortara.
Diverse opere di Parisi sono presenti in spazi espositivi in Italia e all’estero. Grande successo ha riscosso la sua ultima installazione “Torte contemporanee” in Svizzera, a Genova, a Londra e a Venezia.
La critica di Lorenzo Mortara
Uno dei temi ricorrenti di Paolo Lorenzo Parisi, eclettico e imprevedibile artista genovese, è quello della fragilità dell’uomo, della sua precarietà e caducità. In questa installazione dal titolo “Pappa Boys”, soffusa di poeticità e di ironia e di forte denuncia sociale, utilizza orsetti di pelouche, orsetti-totem, simbolo dell’infanzia e dei momenti idilliaci dei primi anni di vita. I Teddy Bears sono però lacerati e ricuciti, con all’interno una moltitudine di guanti in lattice, oggetto simbolo della società contemporanea, già utilizzato dall’artista in altre opere. Per l’artista, questo oggetto è ambiguo, freddo, impersonale, e nonostante porti in sé lati positivi collegati al suo utilizzo nei campi della ricerca tecnologica e scientifica così come in medicina, rappresenta bene l’artificiale, l’anonimo, l’inerte, il punto omega, la dissoluzione della vita in contrapposizione con l’esistenza umana.
«L’idea di questo lavoro, – dice Parisi – è nata dalla visione di un reportage televisivo nel quale si osservavano case di palestinesi sventrate dopo un bombardamento israeliano e molti oggetti familiari e intimi erano sparsi tutt’intorno in una confusione generale di distruzione e di perdita, tra cui diversi orsetti di pelouche». Qui però Paolo Lorenzo Parisi non dà connotazioni specifiche dello scontro israelo-palestinese, perché quello è solo l’inizio, la punta, di un concetto più vasto, più generale, e vuole comprendere ed evocare i pericoli e i rischi insiti in tutte le guerre, le persecuzioni, le migrazioni forzate, gli sfruttamenti dell’uomo sull’uomo, nel passato come nel presente, che annientano e distruggono molte vite umane e nei sopravvissuti, specialmente nei bambini – elogio dell’infanzia – mettono a rischio il normale e naturale sviluppo psicofisico della persona.
In questo contesto si capisce meglio il significato della moltitudine di guanti – insensibilità, negazione, soprusi, violenze – che invadono questi giochi d’infanzia. Però i guanti sono quasi nascosti e racchiusi nello spazio interno degli orsetti Teddy, come a testimoniare l’essenza, l’impronta della forza e della fragilità di quei bambini scomparsi – ogni orsetto porta il nome di uno di quei bambini – oppure di alcuni sopravvissuti, che soffrono e che cercano di difendere il loro spazio vitale, i loro sogni e le loro fantasie, contro gli innumerevoli scenari mostruosi e orrendi ancora presenti nel nostro tempo.